Tamburi a doghe orizzontali:
una scelta controcorrente

Le batterie artigianali Respighi utilizzano un sistema di produzione dei fusti che è davvero poco utilizzato dai costruttori di tamburi ma che ha molteplici vantaggi. In italiano può essere descritto come “costruzione a doghe orizzontali” di legno massello (in inglese si parla di segmented drum shell), in contrapposizione a quello, più comune, delle doghe verticali (come quelle delle botti, per intendersi).
Il motivo per cui il sistema a doghe orizzontali – sebbene noto – sia poco scelto e praticato dai costruttori di batterie è semplice: è più lungo e complicato.
La lavorazione è più complessa, a partire dalla preparazione della singola doga che richiede una lunga lavorazione manuale. Per questo chi produce batterie e tamburi a livello industriale scarta a priori questo sistema costruttivo – anche per una semplice questione di costo – e anche tra i produttori artigianali non è comune.
I vantaggi però sono molteplici e fanno la differenza. Infatti, una volta lavorate e sagomate con cura, le doghe vengono incollate a formare una serie di anelli che vengono poi a loro volta incollati tra di loro. Non ci sono incastri, non sono necessari cerchi di rinforzo (perché grazie a Dio non c’è nulla da rinforzare!). E soprattutto non sono presenti nel fusto tensioni di alcun tipo.

Perché evitare le tensioni nel fusto
è importante

Il fusto di un tamburo è un corpo che deve poter vibrare liberamente. L’esempio più semplice che ci può aiutare a comprendere perché e quanto ciò sia importante è quello di pensare alla corda di una chitarra: all’aumentare della tensione della corda, la frequenza del suono emesso crescerà e la nota sarà quindi più alta. Il suono migliore dei tamburi è però quello che si ottiene da un buon mix di frequenze basse: è questo che dà pienezza e corpo. E mentre far vibrare sulle frequenze medie o medio-acute è relativamente semplice (tra l’altro l’hardware metallico concorre senz’altro a esaltare queste frequenze), riuscire a preservare  le vibrazioni alle frequenze basse è più complicato. Il compito di un costruttore di tamburi ben suonanti è pertanto quello di garantire la risonanza delle frequenze più gravi ed eliminare tensioni nel fusto è esattamente ciò che permette di andare nella direzione desiderata.

Nel sistema di costruzione a doghe orizzontali le tensioni sono al minimo, diversamente da quanto succede con le doghe verticali, con la cosiddetta costruzione “ a botte” (del resto le botti sono fatte apposta per potersi muovere sul diametro*). Anche il sistema a multistrato, con la sovrapposizione di molti fogli che hanno movimenti diversi l’uno dall’altro, crea tensioni indesiderate in seguito a variazioni di umidità (oltre che come conseguenza dell’incollaggio stesso).

Paradossalmente anche scavando dal pieno il fusto, per quanto il risultato sia affascinante – con il fusto fatto da un pezzo unico di legno – si corrono dei rischi: come prevedere poi come si muoverà quel legno? Da quali torsioni e tensioni sarà interessato una volta svuotato? Non a caso chi usa questa tecnica – per esempio adottata nella costruzione dei clarinetti – lo fa in un tempo molto lungo: si svuota un po’, si attende, si lascia stagionare, si verifica, si procede. Il processo richiede fino a 12 anni e stiamo parlando di un mini-fusto di 5 centimetri.

Il compito di un costruttore di tamburi è garantire la risonanza delle frequenze più gravi ed eliminare tensioni nel fusto

L’unica altra tecnica di costruzione davvero valida insieme a quella segmented è quella di usare per i fusti un’asse di un’unica essenza in massello, piegandola a caldo e poi incollandola. In questo modo si ha una venatura omogenea lungo tutto il fusto, senza contare che la piegatura a caldo rende anche il tutto molto stabile. È il metodo usato anche da Craviotto – celebre costruttore americano di batterie di alta qualità.

I legni: miti da sfatare

Come è facile constatare dando un’occhiata alla gallery, le batterie artigianali Respighi amano il legno: lo mostrano quasi sempre in tutta la sua bellezza, cercano di esaltarne venature e disegno, giocano con i suoi colori e con l’accoppiamento di essenze diverse.
È una scelta motivata. Si tende a credere che determinati legni suonino in un determinato modo e soprattutto che ci siano legni che non sono adatti alla costruzione delle batterie. In realtà – provando a sperimentare e ad ascoltare con cura – ci si accorge di quanto ciò non sia necessariamente vero: è vero certamente che possono suonare in modo diverso, ma non per forza male. Cambia la loro sfumatura timbrica, non la loro qualità. Molte essenze che non vengono tipicamente ritenute adatte alla costruzione di batterie in realtà possono dare magnifici risultati se scelte e lavorate con cura.

Nel caso di fusti realizzati con due o più essenze diverse, si tratta quasi di sempre di scelte che tendono ad accoppiare legni dalle caratteristiche differenti, tipicamente un legno “morbido” abbinato a uno “duro”: padouk e acero, noce e pioppo ad esempio.
Il motivo è già stato spiegato: è una ricerca volta a ottenere una rotondità di risposta su tutta la gamma delle frequenze.
Anche per questo l’interno dei fusti non è levigato, come all’esterno, ma è irregolare: volutamente le variazioni di spessore delle doghe – nel range di un paio di millimetri – vengono mantenute. Proprio come nel temperamento equabile del pianoforte si cerca di far sì che la tastiera suoni armoniosamente in tutti i suoi comparti, così pure la ricerca nei fusti delle batterie Respighi è volta a evitare che vi siano frequenze che possano venire esaltate a scapito di altre. 

Molte essenze tipicamente non ritenute adatte alla costruzione di batterie possono dare magnifici risultati se scelte e lavorate con cura

Finiture

Lavorando con un materiale dalla grande nobiltà – il legno massello – va da sé che la tendenza per la stragrande maggioranza delle batterie Respighi sia di utilizzare finiture che esaltino la bellezza del legno e delle sue venature: è la scelta più naturale e rispettosa, oltre che quella dal risultato esteticamente più appagante, tesa com’è a valorizzare la qualità intrinseca del materiale adottato.

Le finiture usate sono state via via le più diverse: ad acqua, poliuretanica, olii a base di cere dure, olio di lino, gommalacca. Naturalmente a seconda dei casi la finitura può essere opaca, setosa o lucida, in funzione della scelta del committente e dell’essenza usata mantenendo sempre spessori di applicazione minimi della finitura scelta

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